Da giovane coder squattrinato a CEO di successo

Da giovane coder squattrinato a CEO di successo

 

Oggi parleremo di programmatori. Già, oggi vogliamo ricordare che per far sì che un software o un sito web ottenga il successo che merita, le skill tecniche, anche se importanti, non sono tutto. Vogliamo ricordare che ciò che conta è anche la visione personale del programmatore, la sua capacità di cogliere le opportunità che si presentano, il “mindset”. Come dicono quelli bravi l’atteggiamento imprenditoriale.

A dirla tutta, le hard skill manageriali e le soft skill personali forse sono persino gli ingredienti più importanti di un eventuale successo nel digital. Ciò che vogliamo dire è che probabilmente esistono migliaia di progetti online di ottima fattura tecnica che, tuttavia, non hanno avuto successo proprio per la mancanza o l’inefficienza del marketing.

Ma in questo articolo non parleremo di marketing, tema che non riguarda il nostro blog (più incentrato sulla tecnica del software). Racconteremo invece la storia di tre programmatori (in realtà quattro, ma per essere certi di non sbagliarci diremo tre) che, partendo da zero, con un semplice computer e pochissimi soldi, sono riusciti a porre le basi per la costruzione di progetti e business di grande successo, avviando nuove startup che, evolvendosi in aziende di una certa dimensione o collaborando a progetti già in corso, in alcuni casi hanno persino cambiato il mondo. E lo faremo dal nostro punto di vista tecnico-informatico. Cosa che – abbiamo notato – spesso viene trascurata in molti racconti simili.

Alcuni dei nomi che leggerai sono arcinoti, altri meno. In ogni caso crediamo sia utile parlarne, nella speranza che le loro storie siano di ispirazione per il tuo prossimo progetto digitale.

 

1) Mark Zuckerberg

Lo conosciamo tutti: è il fondatore di Facebook, oggi uno dei social network più influenti. La sua incredibile storia, raccontata anche in un celebre film (The Social Network), inizia come studente dell’Università di Harvard nel 2004. Zuckerberg, la cui idea geniale nacque dal rispondere al bisogno degli studenti di conoscersi e connettersi tramite internet, iniziò lo sviluppo di “TheFacebook” su un computer portatile nel dormitorio dove alloggiava.

Ma veniamo all’aspetto tecnico della sua scalata.

Cosa utilizzò Zuckerberg per sviluppare Facebook? La risposta è quasi banale: PHP connesso a un database MySQL.

Una scelta, quella di PHP, dovuta probabilmente alla semplicità e rapidità con cui questo linguaggio di programmazione permette di costruire applicazioni web; MySQL, dal canto suo, ha il vantaggio dell’affidabilità ed è relativamente semplice da usare.

Riguardo all’hosting, non avendo molti fondi Zuckerberg all’inizio si appoggiò a server condivisi (a proposito di hosting abbiamo parlato anche qui). Quando poi Facebook venne adottato da un numero sempre maggiore di università americane il progetto decollò, sia dal punto di vista manageriale che tecnologico, utilizzando hosting proprietari, integrando sempre più funzionalità e un maggiore controllo su aspetti quali privacy e sicurezza.

Oggi Facebook, che fa parte di Meta Platforms inc., funziona su una complessa e sofisticata infrastruttura tecnologica enormemente più avanzata rispetto a quella dei suoi primi giorni. I suoi componenti chiave sono server e data center, database scalabili, servizi cloud, una variegata architettura del software e un’infrastruttura di rete globale progettata per gestire un enorme traffico di dati a bassa latenza.

E PHP che fine ha fatto?

In Meta viene ancora usato. Tuttavia, è stato notevolmente modificato e ottimizzato per le esigenze specifiche del social network (ad esempio, tramite il progetto HipHop Virtual Machine – HHVM). Facebook, inoltre, si avvale di altri linguaggi come Python, Java, C++ e Erlang, utilizzati per diverse parti del backend.

A livello tecnologico, la storia di Zuck insegna che l’uso di tre cose semplicissime come un PC, coding PHP-MySQL e un hosting economico bastano per inseguire un sogno. E che ancora oggi, sebbene esistano piattaforme e linguaggi di gran lunga migliori di Notepad, sono ancora sufficienti per gettare le basi tecniche di un sito web di successo.

 

2) Matt Mullenweg

Un’altra incredibile storia di successo di un programmatore che da zero ha costruito un impero è quella di Matt Mullenweg (nella foto il tizio capelluto che tiene in mano un microfono).

Nato nel 1984 a Houston, in Texas, dopo aver sviluppato interesse per la tecnologia e frequentato la Kinder High School for the Performing & Visual Arts e successivamente l’Università di Houston, come Zuckerberg iniziò la sua carriera online proprio durante gli anni di studio, scrivendo e modificando il codice di b2/cafelog, un software di blogging creato da Michel Valdrighi scritto in PHP, che utilizzava MySQL come database.

Nel 2003, in collaborazione con Mike Little, Mullenweg utilizzando proprio b2/cafelog come “base” lanciò WordPress, il CMS oggi più utilizzato al mondo, con l’obiettivo di farne una piattaforma di blogging facile da usare, ma anche potente e flessibile.

Alcune delle differenze chiave tra b2/cafelog e il primo WordPress furono un’interfaccia utente più pulita rispetto al predecessore, una struttura del codice ottimizzata e un’implementazione di temi molto più semplice e potente.

In generale WordPress (che ancora oggi funziona grazie al binomio PHP-MySQL) ha rappresentato un grosso passo avanti nel settore per la presenza di una visione utente-centrica. Probabile prova che un progetto che non mette al centro l’utente/cliente difficilmente può decollare.

Automattic, l’azienda di Mullenweg nata due anni dopo, ha contribuito a portare WordPress a un pubblico ancora più ampio, offrendo hosting e altri servizi correlati. Ma un’ulteriore caratteristica distintiva di WordPress è stata, ed è ancora, la sua natura open source (nettamente opposta alla visione “accentratrice” di Zuckerberg), che ha permesso a sviluppatori di tutto il mondo di contribuire alla sua crescita.

Mullenweg, tra l’altro, è un sostenitore appassionato del software open source e ha favorito in modo significativo la sua promozione. E ancora oggi si occupa di guidare lo sviluppo di nuove funzionalità della piattaforma, oltre a supervisionare la crescita e l’espansione della sua azienda.

Curiosità: Mullenweg è noto anche per il suo blog personale, dove scrive su una varietà di argomenti, dalla tecnologia alla musica, e per il suo interesse per la fotografia e la musica jazz. Lo puoi leggere qui.

 

3) Blake Ross e David Hyatt

L’ultima storia di successo che vogliamo raccontarti è quella dei primissimi sviluppatori di Mozilla Firefox: uno dei browser più importanti, forse quello che ha rivoluzionato la navigazione web.

Firefox è emerso infatti come progetto derivante da Mozilla Application Suite che, a sua volta, era il successore di Netscape Navigator, uno dei primissimi browser della storia, dopo che il suo codice sorgente fu reso pubblico nel 1998.

Blake Ross, allora un giovane studente di Miami (nella foto è in basso a destra), e David Hyatt, un ingegnere software con un passato in Netscape e Apple, iniziarono così a lavorare a un progetto derivato da Mozilla che si concentrava sulla creazione di un browser più snello e veloce di quello disponibile fino a quel momento. Un progetto che in origine prese il nome di “Phoenix”, poi fu ribattezzato “Firebird” e infine divenne “Firefox”.

Era un periodo – parliamo degli anni dal 2004 in poi – in cui si cercò di contrastare il predominio di Microsoft Explorer, un browser non privo di problemi e tutt’altro che veloce.

L’arrivo di Firefox cambiò tutto perché, grazie alla distribuzione gratuita e alla reputazione antimonopolista, bruciò parecchie quote di mercato alla Microsoft nel comparto “browser per il web”, dando il la all’arrivo dei “browser alternativi”.

Si stima che la quota di Firefox tra il 2009 e il 2010 fosse tra il 20% e il 30%, frenata solo dall’arrivo nel 2008 – e successiva affermazione – di Google Chrome, l’attuale browser più usato al mondo.

Ma dal punto di vista tecnico come fu sviluppato?

Le tecnologie alla base di questo software sono diverse e comprendono linguaggi come C++, JavaScript, CSS e XUL (XML User Interface Language).

XUL si è rivelato particolarmente importante perché permetteva una grande flessibilità e personalizzazione dell’interfaccia utente. Il motore di rendering di Firefox, chiamato Gecko, era (ed è tuttora) noto per la sua conformità agli standard web e per la sua velocità.

Insomma, grazie a questi due giovani coder, di cui uno poco più che ragazzino (quando il browser uscì Black Ross aveva solo 19 anni), Firefox ha introdotto diverse innovazioni – poi adottate da molti altri browser – come la navigazione a schede, i blocchi per i pop-up, le estensioni e gli add-on che permettevano agli utenti di personalizzarlo come desideravano.

Una storia a nostro parere affascinante che dimostra, analogamente a quella di WordPress, che un progetto digitale di successo può avere una natura sociale. Sì, perché è noto quanto lo sviluppo di Firefox sia stato caratterizzato da un approccio centrato sulla comunità, sull’innovazione e sull’adesione agli standard aperti.

Una piccola lezione di umiltà, crediamo. Con tutto il rispetto per Zuckerberg.

 

Concludendo

A questo punto potresti obiettare: “E in Italia?”, per poi pensare: “Ah, già, da noi queste storie sono impossibili”.

In realtà anche in Italia “sogni digitali” come quelli raccontati sono possibili.

Certo, il successo planetario è molto più raro che in USA, nazione da cui provengono le storie che abbiamo raccontato (e che rappresentano solo una piccolissima parte).

Tuttavia, continua a seguirci, perché uno dei nostri prossimi articoli parlerà proprio di progetti digitali italiani di successo partiti da un garage… o quasi.

Ti presenteremo tre casi studio interessanti di programmatori nati e cresciuti nel Belpaese che hanno realizzato i loro sogni. Persone che, iniziando come imprenditori in progetti modesti, sono divenuti CEO di aziende che hanno ottenuto una certa fama anche internazionale..

Storie che dimostrano come, quando ci sono passione, competenza e visione, anche in Italia fare business nel digital (e noi di ESSE I nel nostro piccolo possiamo confermarlo) è tutt'altro che impossibile.

(foto: Wikipedia & Pexels)

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